martedì 1 luglio 2014

L'altoforno

…Dai suoi altiforni la città non usciva splendente e radiosa come un pezzo d'oro purificato dal fuoco….



L'altoforno, è un tipo di impianto utilizzato nell'industria metallurgica per produrre ghisa partendo da minerale ferroso, attraverso un processo in cui concorre la combustione di carbone coke, la fusione di minerali e riduzione degli ossidi metallici (ad esempio Fe2O3) presenti in natura come minerale ferroso o introdotti come rottame ferroso, attraverso un'atmosfera riducente.
Questo strumento deve il suo nome alle dimensioni, infatti può raggiungere un'altezza di 80 metri (con un diametro che può superare gli 8 metri) e può produrre fino a 4500 tonnellate al giorno.
E’ un forno a tino, la cui forma è costituita da due tratti troncoconici, di cui il "tino" costituisce il cono superiore, il cono inferiore è detto "sacca", uniti da una sezione cilindrica centrale (detta "ventre"). La carica avviene dall'alto, ed è formata da strati di coke e minerale ferroso che vengono gettati  alternativamente . Il funzionamento è continuo: gli strati della carica scendono lentamente mentre il forno viene alimentato introducendo nuovi strati a intervalli regolari. È un forno a vento:  per raggiungere alti valori di temperatura è necessario insufflare aria, alla quale può essere addizionato ossigeno, che deve essere preriscaldata. L'iniezione di aria, detta "vento caldo", anch'essa continua, avviene attraverso una corona di tubi.
La struttura esterna è costituita da una corazza di acciaio speciale, rivestita internamente da mattoni refrattari su un sostrato di cemento refrattario.

Nonostante la storia degli altiforni sia molto  antica solo nel 1709 si ebbe una radicale trasformazione, grazie ad Abraham Darby II, quando, per il progressivo esaurirsi delle disponibilità di legname, si fu costretti ad impiegare negli altiforni il carbon fossile e il coke in sostituzione del carbone di legna.
Egli infattifu il primo che riuscì ad ottenere ghisa usando solo coke.
Non si sapeva però trasformare la ghisa, prodotta in grandi quantitativi, in acciaio con lo stesso ritmo di produzione, dato che la capacità produttiva dei forni di affinazione era molto limitata.
Ci vollero ancora alcuni decenni per imparare a sostituire il carbon fossile a quello di legna anche nella produzione dell’acciaio.
Le difficoltà risiedevano in particolar modo nella necessità che l'acciaio non doveva venire a contatto col carbone o con il coke per non assorbire lo zolfo e divenire con ciò fragile a caldo.
Questo inconveniente venne eliminato da Henry Cort nel suo forno a “puddellatura” inventato nel 1784, nel quale l'acciaio entrava in contatto solo con i prodotti della combustione molto ricchi di ossigeno.

Lo sviluppo della siderurgia trovò, tra la fine del XVIII e l'inizio del XIX secolo, un nuovo potente aiuto nella macchina a vapore.
Questa venne impiegata non solo per migliorare il tiraggio, ma permise di costruire le macchine trasformatrici, come laminatoi e magli, in dimensioni molto maggiori e quindi con rendimento migliore.
Dall'epoca del primo altoforno a questo vennero apportati diversi perfezionamenti sia destinati all'aumento della capacità produttiva che alla semplificazione dell'esercizio.
Nel 1885 riuscì all'inglese Henry Bessemer di produrre acciaio con un processo più semplice. Il suo procedimento consisteva nel soffiare attraverso la ghisa fusa forti correnti di aria conseguendo la combustione delle sostanze che accompagnavano l'acciaio, quali il carbonio, il silicio, il manganese, ecc. Il processo Bessemer era però limitato a poche ferriere perché con esso si potevano trattare solo ghise prive di fosforo, a causa del rivestimento interno del convertitore, un recipiente a forma di pera in cui avveniva l'operazione. Bessemer, infatti, impiegava un rivestimento ricco di  acido silicico che non era in grado di formare scorie che si legassero al fosforo.
Questo inconveniente venne affrontato da Sidney Gilchrist Thomas che nel 1879 rivestì il convertitore con calce impastata con silicati solubili.


La maggior parte dell'acciaio prodotto oggi oltre che col processo Bessemer, viene prodotto con il processo Martin-Siemens, che prende il nome dai suoi inventori Pierre e Emile Martin e Carl Wilhelm Siemens. Originariamente, nel 1864, il processo consisteva nel fondere la ghisa insieme a rottami di ferro (processo ghisa-rottame); più tardi si passò a fondere la ghisa con minerali di ferro, frequentemente con aggiunte di rottami di acciaio (processo ghisa-minerale). La fusione doveva avvenire in un forno di concezione speciale dotato di un focolare con recupero del calore, ideato da Friedrich Siemens.

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